5 BUONE RAGIONI PER NON VOTARE GRILLO | Daniele Rielli

5 BUONE RAGIONI PER NON VOTARE GRILLO

  • 20 febbraio 2013

Nota introduttiva a  5 BUONE RAGIONI PER NON VOTARE GRILLO –  Febbraio 2018

In questa pagina potete trovare quello che era il pezzo più famoso dell’ormai defunto blog quit the doner, pubblicato originariamente nel febbraio del 2013. Recentemente ho scoperto dagli analytics che è un pezzo ancora molto letto – in questo periodo di campagna elettorale raggiunge ancora diverse centinaia di lettori unici ogni giorno.

Mi sono perciò chiesto se mantenerlo o meno online.

Da un lato i cinque anni che sono passati dalla sua pubblicazione hanno confermato molte delle cose che avevo scritto riguardo al movimento 5 stelle, una su tutte la sua natura aziendal-autoritaria. Semmai anzi si sono aggiunte ulteriori pesanti ombre. Credo, ad esempio, che cinque anni fa nemmeno il movimento 5 stelle avrebbe potuto immaginare la candidatura a premier di un personaggio come Luigi Di Maio, persino per loro sarebbe stata fantascienza.

D’altro canto però oggi riscontro nell’analisi che scrissi nel 2013 anche una serie di ingenuità, assieme a dei passaggi eccessivamente meccanici e semplicistici che non condivido più e rispetto ai quali sento ormai il bisogno di marcare una differenza. Qui sotto trovate perciò un breve elenco delle cose su cui ho cambiato idea e di quelle di cui, invece, sono ancora convinto.

Mi sembra ad esempio espressione dell’inconscia senilità che affligge il pensiero di molti giovani italiani – e quindi al tempo anche del mio – l’indugiare nella centralità della distinzione fra destra e sinistra nell’agire politico. Questa sezione dell’articolo mi appare oggi particolarmente debole anche in virtù del fatto che negli ultimi anni si è ulteriormente approfondito il solco che già separava la sinistra (in particolar modo quella radicale) dal popolo, un tema già profetizzato Christoper Lasch ne La ribellione delle elitè e più recentemente affrontato da Luca Ricolfi in Sinistra e popolo , un esteso ed efficace studio proprio su questo tema. È ormai evidente che l’agenda politica della sinistra italiana (come quella di buona parte dei paesi occidentali industrializzati) è incentrata attorno ai diritti civili, tutela delle minoranze e correttezza politica. Al di là della loro legittimità sono tutte questioni molto care ad una certa fascia “riflessiva” della classe media, una parte di popolazione, cioè, largamente minoritaria che pone queste questioni al centro stesso della sua identità valoriale, ed è protetta, nell’esercizio delle sue convinzioni, da una spessa bolla di autoreferenzialità e di auto-frequentazione. Il popolo sembra oggi interessato a questioni più concrete ed immediate come il lavoro, la tutela del potere d’acquisto, la paura nei confronti di globalizzazione, digitalizzazione e immigrazione, tre fenomeni che generano bisogno di protezione. Tutte istanze che, anche in questo caso al di là della loro fondatezza, non trovano oggi alcuna sponda nella sinistra. In questo senso la classificazione di destra e di sinistra che proponevo nell’articolo mi appare oggi largamente superata dai tempi. Non sto con questo suggerendo che una risposta più efficace alle domande poste dal popolo possa provenire da una destra le cui ricette mi sembrano retoriche, fuori fuoco e realisticamente controproducenti sul medio-lungo periodo. Non sto neppure suggerendo – per inciso – che tutte queste richieste vadano prese ugualmente in considerazione.

Quello che mi augurerei è piuttosto un approccio che preveda delle policy orientate sì dalle convinzioni politiche degli schieramenti ma dichiarate nei programmi e implementate attraverso azioni concrete, misurabili ed eventualmente rimodulabili, con una catena della responsabilità chiara e ben definita. Un modus operandi che però appare ugualmente distante sia dai poli estremi dello schieramento politico italiano, che, drammaticamente, da quelli più moderati. Rispetto ad un approccio “studia il problema, proponi una soluzione, misura i risultati”, reso oggi più facilmente implementabile dalla tecnologia, il nostro Paese sembra invece rispondere con la ricetta di sempre: l’abuso di retorica. Il sapore di distacco dal tempo e di ciarlataneria che ci lascia questa campagna elettorale credo derivi proprio da questo persistere sulla retorica a discapito di ogni tentativo di conoscenza concreta del mondo – e del Paese.

Mi si potrebbe qui obbiettare che in fondo questo non è poi un approccio così diverso dal grillino “internet panacea di tutti i mali” ma in realtà la mia opinione si distacca nettamente dall’idea di una tecnologia “taumaturgica” di per sè. Dal momento in cui il potere di fatto è già passato in larga parte nelle mani delle piattaforme digitali e in quelle dei produttori di tecnologia, l’unica speranza di sopravvivere per la democrazia, con il suo carico ineliminabile di imperfezione, passa dalla capacità di implementare la tecnologia nei propri processi senza per questo venirne cannibalizzata. In soldoni la democrazia sopravvive se riesce a funzionare meglio anche grazie alla tecnologia e non a farsi distruggere da essa (Facebook ad esempio è al momento la più grande minaccia alla democrazia occidentale). Se questa sia un’evoluzione possibile mi sembra allo stato delle cose una domanda aperta, di certo c’è che nessuna forza politica italiana sembra neppure porsi il problema. Si tratta comunque di un tema complesso che meriterebbe non poche righe, come queste, ma un libro intero e che quindi non è purtroppo possibile approfondire ulteriormente in questa sede.

(nota giugno 2020, ora il libro c’è, lo trovi qui)

La sezione del vecchio articolo riguardante l’imperfezione del consesso umano e il pericolo connesso all’appello alla purezza dei grillini mi appare invece sempre più valido, e, anzi, oggi mi sentirei di estendere, come già in parte facevo nell’articolo sostenendo la necessità di un assetto pluralista, quelle valutazioni ben al di fuori dell’alveo del movimento 5 stelle. In altri termini il qualunquismo dei generici appelli ad “onestà” e moralità superiori in questi 5 anni si è esteso come un morbo virale ben oltre i confini del partito grillino, permeando giornali, televisioni, il linguaggio politico e quello comune e questo non può in alcun modo essere considerato un progresso.

Laddove infatti tutto il giorno non si fa altro che parlare di morale si può avere la certezza matematica che si anniderà l’immorale, o quanto meno colui che prima fa i bonifici poi li cancella. Insomma al reato bene che vada si aggiunge la farsa.

Condivido ancora le lunghe considerazioni sul verticismo, l’opacità e la natura fondamentalmente autoritaria del movimento 5 stelle, così come quelle sulle loro strategie comunicative, seppur naturalmente gli esempi portati nel pezzo risultino oggi inevitabilmente un po’ datati.

Non sono più convinto invece che il movimento 5 stelle sia legato a doppio filo all’ideologia liberista come, sulla base di indizi in fondo molto limitati, sostenevo allora. Il suo funzionamento mi sembra più simile, seppur in forma apparentemente caricaturale, a quello dei partiti totalitari, organismi dotati della capacità sincretica di assorbire le istanze più disparate e poi utilizzare alla bisogna quelle più adatte al raggiungimento, o al mantenimento, del potere in una meta ottica di auto-conservazione.

Traducendolo in parole più semplici il movimento 5 stelle ha la capacità di dire una cosa e il suo contrario e non vedere intaccato il consenso politico di cui gode. In un certo senso dà spesso l’impressione di essere stato progettato proprio per raggiungere questo scopo. Il tutto mentre politici progressisti, come ad esempio Matteo Renzi, passano buona parte delle loro giornate a rispondere di cose che hanno detto/fatto e che in quel determinato momento non risultano inquadrabili all’interno di una parabola coerente.

Infine durante e dopo la scrittura de “l’anomalia”, un lungo pezzo sul gioco del poker contenuto in Storie dal mondo nuovo (pezzo che, per chiudere il cerchio, inizia con un breve resoconto di quello che è accaduto alla mia vita dopo che quasi 800mila persone avevano letto il pezzo che trovate qui sotto), ho compiuto una serie estesa di ricerche che hanno cambiato profondamente il mio modo di vedere le cose. Un rendiconto, seppur parziale, di questi studi e di quello che ne ho ricavato è contenuto appunto nel libro ma per quanto riguarda gli scopi di questo intervento posso dire che ad oggi non ritengo più il liberismo come la fonte primaria di quello spaesamento e di quella incertezza che affligge così larga parte della popolazione, quel sentimento che Grillo e la sua creatura politica sono bravissimi a trasformare in consenso. In un certo senso anche quella era una spiegazione decisamente troppo semplice e lineare – il che, me ne rendo conto, è un aspetto non privo ironia. Oggi se proprio dovessi avanzare una spiegazione, pur conscio dei limiti di astrazioni di così ampia portata, riterrei il problema frutto di un mix complesso di cause, fra le quali troverebbe un posto importante il peso dell’infrastruttura tecnologica e della sua capacità di rendere possibile la creazione e la diffusione di una moltitudine di storie in tempi brevissimi e a costi irrisori.

Espando brevemente il concetto. L’apriori biologico, forgiato da millenni di selezione naturale, che ci porta a ragionare per storie produce sempre una quota parte di errore. Durante ogni atto interpretativo della realtà generiamo cioè anche una quota di “infedeltà” rispetto al fenomeno che osserviamo: è un limite insito nel nostro ragionare per storie. Un limite che ci fornisce però anche dei vantaggi (motivazione, coesione sociale, definizione di regole morali condivise) e ci ha aiutato , come specie, a dominare il pianeta. Il rischio oggi è che la moltiplicazione e l’onnipresenza delle storie aumentino anche l’errore residuo, contribuendo appunto alla creazione di una diffusa sensazione di spaesamento e ad una marea di errori pericolosi per l’esistenza della società stessa (ad esempio la diffusione delle panzane no vax può comportare il ritorno di malattie che si ritenevano debellate, con conseguenti epidemie, morti e crisi politiche). Il racconto e il mondo, in soldoni, corrispondono sempre di meno, perché aumentano i racconti e la loro moltiplicazione mette in discussione il loro stesso valore di verità, e a quel punto il potere autoritario che promette di erigersi sulle macerie delle verità, sostituendosi ad essa, acquista una sua rinnovata credibilità.

Per inciso aggiungo anche che una prospettiva che vede il liberismo come il male assoluto, come quella che si coglie più o meno fra le righe nell’articolo, mi appare oggi limitata e quanto meno incompleta. Per quanto ci siano senza dubbio un’abbondanza di lati oscuri nel capitalismo globale è ad esempio impossibile negare – i dati lo dimostrano – che gli ultimi anni hanno visto l’emersione dalla povertà di milioni di persone in tutto il mondo. Un mondo che oggi è, dal punto di vista materiale, molto più ricco – sebbene anche più diseguale – di quanto non fosse solo pochi anni fa. Non credo affatto sia un caso che i più determinati critici di questo modello di sviluppo siano quasi inevitabilmente membri della classe media intellettuale d’occidente, ovvero una di quelle (relativamente) più penalizzate dal punto di vista economico dalla globalizzazione e dalla digitalizzazione. Dovremmo avere l’onestà intellettuale di vedere come ciò che è male per noi, una piccolissima fascia privilegiata della popolazione mondiale, si sia dimostrato invece vantaggioso per un numero molto più ampio di persone nel mondo, persone che partivano da condizioni materiali infinitamente peggiori. Questo non toglie che il processo, implementato a livello globale, porti con sé anche una larga dote di sfruttamenti e violenze, oltre ad un modello di vita universale che tende a cancellare le differenze culturali e a porre la dimensione materiale e di consumo al centro di qualsiasi cosa. Mi sorge però ora il dubbio che gli unici a credere fino in fondo che il paradiso in terra fosse una possibilità concessa agli esseri umani siano stati storicamente proprio alcuni membri della privilegiatissima classe intellettuale occidentale.

Infine una nota sulla forma dell’articolo. Ho cercato di lasciare il più possibile intatto lo stile originario del pezzo, non ho molto altro da dire su questo se non che esprime in maniera abbastanza fedele il mio stato d’animo del tempo e il suo valore va quindi inteso come quello di documento. Un documento divertente.

Fatte queste debite precisazioni, qui sotto trovate il pezzo.

5 BUONE RAGIONI PER NON VOTARE GRILLO

(20.02.2013)

“Il fascismo si è presentato come l’antipartito, ha aperto le porte a tutti i candidati, ha dato modo a una moltitudine incomposta di coprire con una vernice di idealità politiche vaghe e nebulose lo straripare selvaggio delle passioni, degli odii, dei desideri. Il fascismo è divenuto così un fatto di costume, si è identificato con la psicologia antisociale di alcuni strati del popolo italiano, non modificati ancora da una tradizione nuova, dalla scuola, dalla convivenza in uno Stato bene ordinato e amministrato” 

Antonio Gramsci, L’Ordine Nuovo, 26 aprile 1921.

Quando è diventato chiaro che Berlusconi era troppo impegnato a cercare di limonarsi da solo per avere la lucidità politica necessaria a mantenere il potere, mi sono chiesto: cosa s’inventeranno questa volta gli italiani?

Domanda legittima quando hai ancora chiaro nei ricordi il clima da caccia alle streghe del 2001 quando l’Italia si divideva in due: da una parte le persone, dall’altra i berlusconiani in erezione.

Centinaia di migliaia di volontari che ripetevano a pappagallo slogan che sembravano scritti da un bambino che avesse ricevuto un ferro da stiro in testa dopo aver provato a cambiare canale sulla tv della nonna durante “La ruota della fortuna”. Cose tipo “Internet, Inglese, Impresa” “Un presidente operaio” “Aiutare chi è rimasto indietro” quest’ultimo decisamente rappresentativo del tipo di persone che stavano per andare al governo.

L’italia fu invasa da schiere di uomini in doppiopetto e sciure con trucco pesante e gioielli in stile il mio grosso grasso matrimonio greco che andavano in giro per le sedi dei Ds a fare fatality di Mortal Kombat già mesi prima delle elezioni.

Facile quando dall’altra parte hai Rutelli ( È infatti da quella tornata elettorale i videogiochi di strategia politica di tutto il mondo hanno adottato i seguenti livelli decrescenti di difficoltà: Mossad,Pro, Expert, Medium, Beginner, Absolute Beginner, Drunk Zimbawe prime minister dancing naked during an U.N. meeting, Italian democratic party )

Quella fu una specie di gigantesca controrivoluzione conservatrice e furono anche le prime elezioni politiche a cui potei partecipare come elettore, che è un po’ come perdere la verginità scopandosi la vecchia dei Goonies. Il minimo che ti può succedere è che ti prendi un’infezione lunga dodici anni.

Alla fine di questo herpes democratico le soluzioni potevano essere le più svariate ma con il materiale umano che abbiamo a disposizione c’era in realtà  poco da essere ottimisti.

E infatti ne è venuto fuori Berlusconi 2.0 ovvero Beppe Grillo.

Più violento nei toni

più multimediale

più fascista

La storia del suo movimento la conosciamo bene, ha preso una buona idea (la democrazia partecipativa) l’ha scopata un paio di volte, le ha detto che l’amava, poi ha incominciato a picchiarla e a farla battere sulle strade della penisola per suo tornaconto.

Se ogni volta che lo sentite parlare in piazza non vi vengono i brividi lungo la schiena o a scuola avete avuto un pessimo insegnante di storia  o siete Gianroberto Casaleggio.

Gli elementi che rendono Beppe Grillo e il suo movimento un partito tecnicamente fascista sono parecchi.  Andiamo qui a vederli uno dopo l’altro con una numerazione va dall’1 al 5. In ordine crescente. Questo lo aggiungo nel caso ci fossero dei grillini che stanno leggendo il pezzo, non vorrei gli venisse mal di testa

1. L’infallibilità del capo

Grillo in questi anni ha detto tutto e il contrario di tutto, ha distrutto sul palco dei computer poi ha esaltato la rete come panacea di tutti i mali. Come diceva Daniele Luttazzi in questo insuperato intervento ((http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-cosa-e-il-come/?printpage=undefined )) quando la gente applaude Grillo non applaude il contenuto applaude la foga. I cani pastore e Mario Monti obbediscono a chi dà ordini in tedesco, gli italiani invece danno ragione a chi urla di più, deve essere una specie di riflesso genetico. Qualsiasi cazzata detta con convinzione e movimento delle mani sufficientemente concitato fa nascere nell’italiano il sospetto che diventa in fretta una certezza che quello che sta ascoltando abbia un senso.

Altrimenti perché quel tizio urlerebbe così tanto?

Questa è una cosa che ha scoperto Mussolini e per provarla ai suoi amici metteva dentro i suoi discorsi cose assurde. Prendiamo ad esempio il discorso dopo la conquista dell’Etiopia nel 1936
Mussolini: Tutti i nodi furono tagliati dalla nostra spada lucente
Popolo: yeahhh
Mussolini (girato verso i suoi gerarchi): Visto?

Quando Grillo dice “Italiani!” alla maniera del duce non fa satira, mostra per un istante quello che vorrebbe essere veramente. Chi è allenato alle discipline satiriche lo aveva capito da subito, per un semplicissimo motivo: quella gag non fa ridere, fa accapponare la pelle.

Se ti fa ridere, sotto sotto almeno una piccola parte di te è convinta che il fascismo non fosse proprio tutto da buttare. Magari sei uno di quello che ripete le solite fregnacce dei treni in orario e le bonifiche. Tutte  cose che di solito nascondono il sottotesto “non riesco ad avere un’erezione decente se non appoggio la mia virilità su una sovrastruttura politica totalitaria che mentre mi annulla come essere umano mi dà l’illusione di avere un senso all’interno di un progetto più ampio che mi trascende, nel tempo e nello spazio, e sul quale non ho alcun controllo reale”

2. “Non siamo di destra nè di sinistra” dice  Grillo, ma la post-ideologia è ideologia

 Questo ci porta al secondo, e probabilmente il più inquietante, dei punti. Quando il m5s era al 3-4% e sentivo fregnacce colossali tipo “noi non siamo nè di destra nè di sinistra” la mia prima reazione era di accarezzare la testa del grillino e dirgli di andare a giocare con gli altri bambini. Ora che si avviano a diventare il secondo o terzo partito di uno dei paesi più industrializzati del mondo fanno paura.

Il motivo è molto semplice: non esiste una politica post-ideologica. Alla base di questa convinzione dei grillini, oltre ad una marchiana e intollerabile ignoranza delle categorie base del politico, ci sono le seguenti idee naif per non dire puerili:

  1. esiste un bene universale e assoluto (detto talvolta verità) che la politica può e deve conseguire 
  2. Il bene così definito si consegue attraverso l’uso corretto del mezzo internet 

Bene anzi male. Malissimo. Ovviamente l’azione politica di qualsiasi partito deve tendere verso uno scopo, e questo scopo è un tipo di amministrazione della cosa pubblica piuttosto che un’altra. Questo è pienamente legittimo, anzi è la base di ogni agire politico in un sistema democratico.

Ognuna di queste visioni però, proprio mentre ambisce per sua natura a diventare maggioritaria deve sempre accettare anche di essere UNA delle possibili visioni, che si scontrano all’interno di un sistema di regole uguali per tutti e stabilite assieme.

Normalmente queste visioni corrispondono al costituirsi come contendente all’interno del gioco politico di determinati gruppi di interesse. Gruppi di grandezza e finalità  diversissime tra loro. Non fatevi ingannare dal fatto che poi per questioni di marketing (vincere piace a tutti) ogni partito si dipinga come il più ampiamente rappresentativo, ognuno sta in realtà in rappresentanza di un gruppo ben definito.

Storicamente chiamiamo “Sinistra” quel variegato numero di partiti che all’interno di un sistema democratico come il nostro si propongono come i rappresentanti della maggioranza meno abbiente della popolazione. A questo si possono spesso aggiungere altri valori collaterali che nel corso della storia ( ma non sempre ) si sono associati a queste parti politiche come ad esempio la lotta per i diritti civili, il pacifismo, l’internazionalismo. Chiamiamo invece storicamente “Destra” quell’universo di partiti che si propongono di fare gli interessi della parte più ricca della popolazione unendo spesso ( ma anche qui non sempre) a questo anche posizioni a favore della patria, della concezione religiosa della famiglia eccetera.

Questo funzionamento si può riproporre in maniera più dettagliata anche per corpi sociali meno ampi e decisamente più definiti, ad esempio l’Italia dei valori era un partito molto gettonato fra gli appartenenti e gli ex appartenenti alle forze dell’ordine, il movimento pensionati fra, appunto, i pensionati, un partito come quello di Oscar Giannino presso un certo di tipo di piccola e media imprenditoria eccetera eccetera.

A questo punto il grillino è già saltato sulla sedia e sta urlando
“Ma questi non rappresentano più nessuno”
Errore. Rappresentano chi li vota. Certo è impossibile dire che Berlusconi abbia fatto tecnicamente gli interessi dei milioni di poveri che l’hanno votato in passato, ma sicuramente li ha rappresentati politicamente.
Per evitare situazioni come queste il cittadino ha però un’arma potentissima che raramente sfrutta e della cosa può incolpare solo se stesso: non votare più il partito le cui dichiarazioni d’intenti in termini di rappresentatività non corrispondono all’effettiva azione di governo.

Tutto questo è estremamente sano, ed è il gioco alla base della democrazia.

Se non ci sono interessi diversi da rappresentare semplicemente non c’è democrazia.

Persino un’eventuale vittoria totale di un partito di sinistra autenticamente popolare avrebbe altissime probabilità di degenerare prima o poi (più prima che poi) in dittatura, quand’ora fosse totalmente sprovvisto di qualsivoglia forma di opposizione.

Siamo esseri umani, siamo diversi e vogliamo cose diverse. Per questo il modo migliore che abbiamo di stare assieme e sederci a un tavolo, discutere e trovare un compromesso.

Non è un metodo perfetto, ma (spoiler alert per i grillini): l’uomo non è un animale perfetto

Per arrivare a questo sistema ci sono voluti 4 millenni, centinaia di milioni di morti, e decine di migliaia di studiosi che hanno dedicato tutta la loro vita a questi temi, fornendo supporto fondamentale a chi poi nella pratica svolgeva l’attività politica.

Non è esattamente il frutto due stronzi di politici corrotti che vanno a mignotte in un appartamento di Roma pagato dal ministero.

È evidente che alla maggior parte dei grillini tutto questo non è chiaro.

È evidente perché credono basti fare due domande su internet ai cittadini per arrivare immediatamente alla soluzione perfetta e universale cioè valevole per tutti.

Ora un’obiezione tecnica classica a questa concezione semplicista è che non tiene presente il fondamentale ruolo di filtro fatto da chi possiede oggettivamente un maggiore grado di conoscenza di un argomento.
In altre parole, quando state male andate in ospedale e volete che sia un medico a curarvi o preferite chiedere tramite il vostro smartphone al pubblico da casa di scegliere tra le varie opzioni terapeutiche possibili? Oggi esistono degli invasati che propenderebbero per la seconda, di solito li trovate al cimitero.
È facile dire che su internet emerge sempre la soluzione più corretta ma ci sono milioni di esempi di come in realtà questo meccanismo sia tutt’altro che infallibile. La rete prende continuamente sole gigantesche, a dimostrazione che l’intelligenza collettiva è spesso inferiore in tanti aspetti a un’intelligenza individuale ben formata e preparata.

Il problema però si pone in misura ancora maggiore per quegli argomenti in cui la soluzione non è di natura scientifica ma riguarda invece le scelte del libero agire umano. Quel campo di sapere che Aristotele chiamava Phrònesis. Qui una soluzione oggettivamente giusta non esiste, siamo nel campo del perpetuo divenire, del confronto fra esseri umani, del ribaltamento continuo, dell’equilibrio dinamico. Questo tipo di verità ha sempre sempre il carattere dell’accordo, dura pochissimo ed è il frutto transitorio di una contrattazione inarrestabile

Grillo invece ritiene che la verità possa essere individuata in fretta, con precisione e in maniera rigorosa e universale e che una volta fatto questo (tramite internet) debba essere imposta a tutti

Che è esattamente quello che hanno sempre inseguito i sistemi totalitari

E infatti Casaleggio ha messo on line questo video delirante

dove non fa propriamente mistero dei suoi progetti. È lì, tutti lo possono vedere, è una cosa grottesca ma nessuno ne parla. Questo anche perché il giornalismo in Italia preferisce inseguire la singola scorreggia fuori contesto di un leader politico o la peperonata di Di Pietro che andare a vedere quali sono i principi e le idee che regolano l’azione dei partiti. È la famosa intelligenza collettiva dell’era di internet, in cui le società più ricche del mondo decidono il proprio futuro discutendo di tweet lunghi 140 caratteri piuttosto che i programmi e i libri da cui sono stati ricavati.

Facciamo un esempio concreto, come si pone il m5s rispetto alle politiche sul lavoro?

Non lo sappiamo.

Il cittadino perfetto del mondo di Grillo è contro la corruzione e gli aereoporti,  fa la raccolta differenziata, ha la banda larga gratis ovunque per poter essere sempre raggiungibile dai pensieri di Casaleggio ed è contro gli inceneritori. E  vuole bene agli orsi della luna. (( http://www.beppegrillo.it/2010/06/il_5_per_mille_agli_orsi_della_luna.html ))

Detto questo non si sa cosa pensi delle vere questioni politiche. Cosa farà il m5s sul lavoro? Sul welfare?sulla sanità? Sull’istruzione? In politica estera?

Tutte questioni su cui Grillo rimane così vago da non dire sostanzialmente nulla (( http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/02/07/buio-nel-programma-di-grillo/491840/ ))

Lo scopo qui è lasciare le mani libere a Beppe Grillo di decidere in modo carismatico sulla singola questione dopo le elezioni. Infrangendo quindi quel vincolo di rappresentanza d’interessi di cui parlavo prima.  Il m5s è il più personale dei partiti personali e l’inconsistenza del programma è funzionale a questa sua caratteristica.

il programma di Grillo sembra quello che scriverebbe una matricola di scienze politiche al 10° chiloom. Ad esempio:

Punto 2. Misure immediate per il rilancio della piccola e media impresa

Apposto, problema risolto ( al massimo  cercheranno “Misure immediate per il rilancio della piccola e media impresa” su wikipedia ). Manca solo il punto “11. legalizzazione dell’erba e concerti gratuiti degli ska-p che fanno cover di pizzica in piazza con hollandia gratis per tutti.

Quando governi poi devi scegliere con chi schierarti, con la maggioranza delle persone o con i più ricchi.

In base alla risposta che dai a questa domanda nei vari settori della società sui quali ti troverai a decidere, si definirà se sei di destra o di sinistra.

Sei a favore delle scuole e della sanità private?

Sei di destra

Sei contro la rappresentanza sindacale (come concetto prima ancora che come svolgimento) ?

Sei di destra

E via così

3. Grillo non è un leader democratico

  1. L’altro aspetto della verità assoluta che il m5s promulga è che essa viene definita come la parola di Beppe Grillo. Molto semplicemente. L’ex comico ha una sorta d’infallibilità papale che raggiunge livelli che neppure Berlusconi ha mai avuto nei suoi tempi migliori. Questo perché
  2. Ha il controllo totale del partito. Ha deciso espulsioni alla minima infrazione dei suoi regolamenti e ha sempre agito rapidissimo con la logica del “Colpirne uno per educarne cento” e fino a adesso ce l’ha fatta, sostenuto in questo dalla fede cieca di molti suoi militanti, tanti dei quali ormai vedono profilarsi sedie e carriere politiche che solo un anno fa non avrebbero mai osato sognare. Abbiamo visto con Berlusconi come questa capacità portare in politica persone emerse dal nulla abbia i suoi vantaggi in termini di fedeltà assoluta
  3. Il metodo di scelta dei candidati è stato votato esclusivamente a mantenere il controllo assoluto del partito. Si fa sempre un gran parlare di meritocrazia e Grillo si vende come un innovatore che porterà finalmente aria nuova nella gerarchia sociale di questo paese. Dopo di che quando si tratta di scegliere le persone che siederanno nel parlamento della repubblica le fa scegliere tramite un sistema online opaco di cui solo lui e Casaleggio conoscono il reale funzionamento, tra una lista di grillini trombati alle elezioni amministrative. Meritocrazia secondo Grillo significa che se ti segano alle elezioni di Busto Arsizio sei pronto per diventare senatore, e chissà, pure ministro. Questo è quello che tecnicamente si chiama “primato del partito” una caratteristica di tutti i partiti rivoluzionari che hanno instaurato regimi totalitari
  1. Dopo le elezioni Beppe Grillo si ritroverà a essere a capo di un importante gruppo di parlamentari pur senza essere stato eletto. Cosa che diventa ancora più assurda nel momento in cui il suo movimento promulga l’incandidabilità per i condannati come lui. Secondo Beppe Grillo quindi da condannati non si può fare il singolo parlamentare ma si può benissimo essere a capo di un nutrito gruppo di deputati e senatori. Un salto logico orwelliano.

4. Il lato oscuro di Grillo e dei suoi partner impresentabili

Qualche indicazione però sui veri progetti Grillo ce la dà con

  1. I contenuti che gli scappano per sbaglio

Grillo ogni tanto tocca i veri temi pesanti della politica e spara quasi sempre boiate pazzesche, fra le quali ricordiamo

  1. i sindacati vanno aboliti (esattamente come fece il fascismo)
  2. i rom sono una bomba a tempo
  3. Non bisogna dare la cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia
  4. I ragazzi di Casa Pound fanno battaglie in buona parte condivisibili

È più forte di lui, ogni tanto gli scappa e dice quello che pensa veramente. Un po’ come un altro leader, non so se ve lo ricordate. Ad ogni modo anche senza aspettare questi momenti di disvelamento clamorosi era già chiaro chi fosse Grillo bastava osservare

  1. La sua retorica (la forma) .  Grillo è perennemente incline allo sfottò reazionario, tende immediatamente alla purga staliniana e alla gogna contro chiunque gli si metta contro, ed evade le questioni scottanti con risposte che vorrebbero essere comiche ma sembrano scritte dall’autore di “troppo frizzante” (( http://www.youtube.com/watch?v=qnP2avvbfvs  )). Nell’intervista in ginocchio sui ceci che gli ha fatto Marco Travaglio c’è questo passaggio assolutamente esemplificativo del suo modus operandi.

(domanda di Travaglio) Torniamo alla democrazia interna al movimento. È normale che il marchio sia nelle mani di Grillo e Casaleggio?

(risposta di Grillo) ahah, Casaleggio viene dipinto come una figura luciferina, misteriosa, oscura. Sarà ma sono anni che lo rivoltano come un calzino e non gli han trovato un belino di niente fuori posto. Mai visto una vita più normale, ripetitiva e noiosa della sua. Va in ufficio la mattina, lavora tutto il giorno, la sera torna a casa dalla moglie e dal bambino. Un persuasore talmente occulto che non riesce nemmeno a convincere la moglie a seguirlo nella casa di campagna a Quincinetto, sopra a Ivrea. Ogni tanto mi chiama e mi chiede di andare a fargli compagnia. Ecco la centrale operativa della Spektre è a Quincinetto.

Questa risposta è fantastica e mostra una tecnica che Grillo utilizza spessissimo, riportare arbitrariamente questioni complesse e importanti a quadri pseudo-buffi da commedia popolare. Utilizza cioè scene prese di peso dall’immaginario collettivo dell’italiano medio (in questo caso l’uomo che non riesce ad avere ragione della moglie) per applicarle come una pezza coprente sopra le contraddizioni interne al suo partito. Nella maggior parte dei casi il parallelo è forzato, c’entra molto poco o, come nel caso qui sopra, è usato a scopi chiaramente mistificatori e per eludere a piè pari una questione.

Il messaggio è “come può essere Casaleggio, uno che 1. Non ha potere su sua moglie e 2. ha un orto a Quincinetto, essere un uomo potente e diabolico?”.

Grillo compie qui un doppio movimento di depotenziamento della figura di Casaleggio e poi lavora per contrasto attingendo di nuovo all’immaginario popolare per tirarne fuori la “Spektre”.

A questo punto l’operazione è compiuta: la domanda è evasa attraverso l’utilizzo di un’immagine e di un contrasto vagamente comico. L’anima povera qui è pienamente soddisfatta, la persona preparata invece si sta chiedendo dove sia finita la risposta.

Dal punto di vista comunicativo si noti il potenziale comico del nome Quincinetto. Non è un posto serio, non può esserlo con quel nome, e per estensione chi ha un orto lì non può essere una persona pericolosa

Marco Travaglio ci ha spiegato per quindici anni che il problema dei giornalisti italiani è che non fanno mai la seconda domanda. Appena si è trovato davanti a Grillo ha compiuto lo stesso errore. Capita che i fedeli in udienza davanti al loro dio perdano un po’ di lucidità.

Sarebbe stato interessante se gli avesse chiesto conto dell’ex socio fondatore della Casaleggio e Associati ( ancora dentro la società al tempo dell’intervista) Enrico Sasson a lungo anche amministratore delegato dell’American Chamber of Commerce in Italy una sorta di lobby delle multinazionali americane in italia. Nel board di questa società siedono persone che stanno anche ai vertici di Aspen Italia un think thank di ispirazione liberista per cui passa buona parte del gotha finanziario economico e mediatico d’Italia.

Ecco questo forse sarebbe stato un po’ più interessante da sapere piuttosto che l’orto a Quincinetto. Eppure a Travaglio sarebbe bastato applicare lo stesso rigore con cui scavò (giustamente) nel passato di Schifani individuando soci imbarazzanti per il presidente del senato.

Forse i grillini che sentono il loro profeta urlare contro il mondo finanziario un giorno si e l’altro anche queste cose vorrebbero saperle. Ad ogni modo, tempo fa se ne è occupato tra gli altri Micromega e trovate il pezzo in nota (( http://temi.repubblica.it/micromega-online/grillo-e-il-suo-spin-doctor-la-casaleggio-associati/ ))

Forse non è un caso che in un momento storico in cui il liberismo mostra al mondo il suo fallimento, le disuguaglianze aumentano e per mezzo delle nuove tecnologie siamo di fronte a un cambiamento antropologico (che personalmente non avrei molti dubbi a definire un’involuzione ) un partito che accoglie queste nuove istanze tecniche (che hanno del potenziale di controllo infinito e senza precedenti) in modo totalmente acritico e ottimista e bypassa del tutto i grandi temi politici delle disuguaglianze sociali per concentrarsi su aspetti tutto sommato marginali come la corruzione, abbia tanto successo.

Se il mio problema fosse mantenere le condizioni di business per le grandi aziende di fronte a una crisi senza precedenti che mette in pericolo la sopravvivenza stessa dei partiti che mi hanno permesso di prosperare indisturbato, beh una proposta politica come quella del m5s la prenderei seriamente in considerazione per cambiare tutto senza che cambi nulla.

L’idea è incanalare la rabbia popolare su alcuni temi che non toccano gli affari e lasciare la struttura della società esattamente com’è rendendola però più docile e disciplinata.

Ovvero quello che hanno sempre fatto i totalitarismi mentre si affermavano nei momenti di crisi

5. Del militante. Ovvero dell’animo intimamente fascista del grillino

Gli argomenti del grillino

1. bisogna mandarli a casa tutti

Tutti chi? Di cosa stiamo parlando realmente? Esiste una compatta e inscindibile compagine di politici cattivoni e irrimediabilmente corrotti? Sono tutti così? Sono generalizzazioni false e indiscriminate che fanno venire i brividi per la  superficialità e la violenza che contengono

2. Se non voti Grillo allora chi voti?

Le alternative ci sono. Ma anche se non ci fossero non è un buon motivo per consegnarsi nelle mani di una personalità autoritaria e di uno spin doctor con evidenti pulsioni totalitarie ( delle quali non fa neppure mistero)

3. Tutti coloro che esprimono dubbi o critiche, anche argomentate,  contro Grillo e il suo partito sono al soldo degli interessi dei potenti o di qualche complotto, oppure non vogliono che ai giornali vengano tolti i finanziamenti pubblici. L’idea che qualcuno possa avere delle idee diverse dalle loro e abbia ciònostante una dignità intellettuale, non li sfiora neanche lontamente

Il fatto che le bacheche di internet siano piene di Grillini che caricano contro tutto e tutti come tori che vedono rosso non è affatto un caso ma è una logica conseguenza degli aspetti che abbiamo visto fino ad adesso

Casaleggio cerca di infondere nell’elettore un’accettazione pre-razionale del contenuto politico e della figura messianica e carismatica di Grillo. All’interno di questo meccanismo il grillino trova finalmente quello spazio nel mondo che prima gli era stato negato dalla parcellizzazione della società, dalle dinamiche ultra-individualizzanti del libero mercato e dalla complessità difficilmente decifrabile di un mondo globalizzato che produce ogni giorno migliaia di informazioni, molte delle quali molto simili e sostanzialmente irrilevanti.

Il grillino militante in questo oscuro mare magnum risponde al bisogno primordiale di risposte semplici, pre-codificate, con il revanscismo e la foga di vendetta,  un idealismo dozzinale che non tiene in considerazione la complessità del reale. Studi scientifici hanno dimostrato che la paura blocca la capacità dell’essere umano di pensare e problematizzare.

Oggi a bloccare le attività cerebrali non è più la paura del terrorismo ma quella del futuro, mischiata con una rabbia  le cui ragioni sono profonde e spesso poco comprese da chi la prova. Tutti i movimenti politici che basano il loro successo sulle sensazioni invece che sui ragionamenti sono sempre movimenti estremamente pericolosi

Di fronte ad un panorama di rovine e di dinamiche estremamente difficili da capire e analizzare l’uomo della strada prova rabbia e frustrazione. Ed è qui che arriva Grillo, con il suo format rabbia in cui il vaffanculo diventa un brand aziendale, il punto di volta attraverso il quale eliminare alcune cose effettivamente insostenibili ( la corruzione della classe politica su tutte ) e altre preziosissime come, ad esempio, la democrazia.

Quando Grillo dice di eliminare le province, allargare i comuni, diminuire i parlamentari quello che sta proponendo di fare è

TOGLIERE IL POTERE AI CITTADINI

Più voti servono per eleggere un rappresentante, meno conterà il vostro. È aritmetica base.

Questo dato di fatto ovvio passa in secondo piano di fronte alla folla con i forconi di fronte al palazzo, ma in ultima analisi, questa folla si sta scavando la fossa da sola.

Allo stesso modo l’idea di togliere i finanziamenti pubblici ai giornali a fronte degli abusi che sono stati perpetrati ha una sola logica conseguenza:

LA RIDUZIONE DEL PLURALISMO

Che un’opinione pubblica variegata sia un bene sociale in cui lo Stato debba investire per rimanere sano, è qualcosa che Grillo non contempla.

In effetti a cosa serve il pluralismo se la verità la possiede già Casaleggio?

A scanso di equivoci: questo è un altro provvedimento di destra che punta ad eliminare le voci scomode alle quali il mercato non concede investimenti pubblicitari.

Senza finanziamenti potresti mai trovare in edicola un giornale che parla male del marketing o delle grandi aziende?

No.

Questa cosa ovvia è così difficile da capire?

CONCLUSIONI

Il progetto liberista dello stato minimo con Grillo arriva ad un nuova, più avanzata fase.

Dopo aver distrutto lo stato sociale ed aver privatizzato tutto il privatizzabile nel periodo che va da Reagan e la Thatcher fino ad oggi, si tratta ora di distruggere la rappresentanza politica. L’ultimo baluardo di fronte allo strapotere dell’economia sulla politica.

Un’ottima strategia per riuscire nello scopo è questo fascismo di nuova concezione che mischia elementi classici del totalitarismo (il leader carismatico e la sua infallibilità, il primato del partito) con elementi di modernità tecnica (l’uso di internet) ma quello che ne esce è un mix che di progressista non ha nulla.

Nella ridondanza dell’infinito spazio di internet si disperde il valore della singola persona che confluisce all’interno del progetto totalitario e il processo di deliberazione democratico viene sostituito dal plebiscito a favore di un leader assolutamente autoreferenziale.

Più brevemente:  la democrazia sparisce e rimane solo il suo simulacro multimediale

p.s. Ringrazio Filippo Orlando per le immagini e Pierpaolo Buzza per la citazione di Gramsci e vi lascio con un altro video di Casaleggio, giusto per non farvi dormire questa notte

 

Aggiornamento maggio  2014: questo post fa ora parte della raccolta di reportage “Quitaly” che trovi qui assieme ai tutti i miei libri  

Aggiornamento settembre 2013: questo post ha vinto il  Macchianera Italian Awards 2013 come miglior articolo dell’anno con oltre 10mila voti dei lettori. Grazie a tutti.